lunedì 19 agosto 2013

Scogli


Versilia 14-08-2012

Martedì ore 01:34
Sugli scogli

Ci sono il mare e il cielo davanti a me in tutto il loro nero, in tutto il loro silenzio, quando ero bambino ero convinto che alla notte smettessero di esistere e che quell'oscurità fosse una sorta di Nulla, una specie di buco nero e pensavo che se mi fossi tuffato in mare di notte mi sarei dissolto senza toccare mai ne l'acqua ne il cielo. 
Scogliersi nel nulla, diventare silenzio.
Una parte di me crede ancora che sia così e mi piace venire qui e starmene appollaiato giusto ad un passo da questa linea sfumata di scogli e onde che mi divide dalla dissolvenza. Chissà cosa succederebbe se mi buttassi ora? Sparirei sul serio? Questa è un idea che mi attira e mi respinge con lo stesso movimento ondulato del moto di queste onde che arrivano dal Nulla.
E' il fascino della morte a chiamarmi, la curiosità di sapere cosa succede poi e di come sarebbe durante.
Ma non salto, resto qui con le luci della costa alle mie spalle che mi chiamano come a volermi salvare, riportare verso la vita. Due forze opposte, la stessa intensità, la stessa capacità di persuasione. Un limbo.

Mi piace pensare che la mia vita sia passata dai grandi rumori chiassosi e confusi dell'infanzia e dell'adolescenza a spazi più silenziosamente bui ed eremitici di  questa "età adulta" un po' come fanno questi scogli ogni volta che il sole compie un giro, ma ciò che mi da più appagamento e il pensare che questa sia una cosa solo mia, come se la mia vita fosse l'unica che ha attraversato drammi, prime volte e tanta confusione, per raggiungere un ermetismo emotivo nel quale i miei drammi, i miei errori e le mie brutture sono un ricordo che coccolo in segreto. Com'è successo?

Credo di essermi gettato in mare una notte di qualche anno fa per ritrovarmi a vagare in un'altra dimensione dove io sono questo. Chissà quando è successo?! Probabilmente il mio è stato il passaggio più graduale mai visto sulla terra. Mi sono probabilmente dissolto per anni prima di ricompormi in quest'altro me. Ho creduto di vivere e invece stavo sognando.
E allora questo cos'è? E' ancora desiderio di morte?
Forse è solo voglia di tornare a casa.
Forse confondo il desiderio di morte con quel banale desiderio di tornare nel ventre materno.
E se mi tuffassi in mare tornerei forse ad essere un feto? Avrei davvero la possibilità di ricominciare? Di togliermi dalle spalle tutta la vita che ho avuto finora? 

"AHAHAHAHAHAHAHAHAHAH"

Sobbalzo.

Maledetti turisti tedeschi, sempre a fare falò e ad ubriacarsi sugli scogli.

La costa mi reclama, usa espedienti puerili per richiamarmi. Mi sta ingannando. Lei vuole che io viva, lei vuole che continui ad invecchiare, ad accumulare peccati, dolori, perdite. Lei vuole cibarsi di me del mio continuo combattere.

La notte diventa difficile distinguere la realtà, diventa tutto più confuso, tutto più possibile.
Chi dei due mi ama davvero, il mare o la costa?
Forse dovrei prendere per vere le promesse del mare, dissolvermi di nuovo e tornare indietro, la costa la conosco fin troppo bene, so già cosa mi può offrire. 
La costa ha doni malvagi per me. La costa mi minaccia con i miei segreti. Ma il mare è buio, non so se posso fidarmi di lui, le sue sono promesse potrebbero scomparire al sorgere del sole con il ritorno dell'orizzonte.

Questa sigaretta mi dirà la verità.

Fumo lentamente perché qui nel limbo il tempo non ha senso.
Mi faccio più vuoto e tranquillo ad ogni tiro, i lampioni della costa sembrano stiano li ad aspettare pazientemente la mia decisione, come se fossero pronti ad accettarla sembrano delle madri rassegnate, mentre il mare prova sfiorarmi ad ogni onda come un amante nervoso.
Butto fuori il fumo alzando la testa ed eccola li la verità, chiara come se fosse il giorno di notte.
E' il cielo, sono le stelle, si io ero una stella, io appartengo al cielo.
Mi ero dimenticato che il cielo avesse le stelle la dove non si perde nel mare.
Mi sdraio su questo scoglio freddo per rivolgere gli occhi verso casa. Non mi ero dissolto, sono caduto, piano, pianissimo, ma sono caduto.
Il cielo mi avvolge e più mi abbraccia più il rumore del mare sembra lontano mentre le luci della costa sembrano essersi nascoste, il cielo si fa sempre più vicino quasi a volermi baciare, le stelle più vivide tanto che riesco quasi a sentirne la voce.
Sono a casa. Non ci sono più ne la costa ne il mare, solo io e le mie sorelle.

"AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA"

Ancora i turisti.

Ricasco nella realtà. La costa non mi chiama più, il mare è solo il mare e il cielo è un posto lontanissimo.
Sono le 2.15. Finita la magia so che è il momento di tornare alla realtà, così faccio leva sulle mi gambe indolenzite, mi giro verso le luci e verso la luna superando gli scogli.
Vengo qui fin da quando ero piccolo, salgo sugli scogli e inizio a pensare di avere una via d'uscita dalla mia vita, da me, dalla mia mediocrità.

Girando la chiave nella serratura della portiera noto un uomo non lontano dalla mia auto. Se ne sta li nel mutismo della penombra che i lampioni non riescono a raggiungere, fumando una sigaretta. Mi sta guardano, immobile.
Sto per morire e lui ha iniziato a camminare verso di me. Non posso fare nulla perché il mio corpo desidera quel momento e mi impedisce ogni movimento. 
Ora è abbastanza vicino da poter allungare la mano verso di me e mostrarmi cos'ha nella mano.
Un biglietto, una scritta:
"Tu appartieni al sole".

martedì 6 agosto 2013

Le tre

Buio. Continuo a svegliarmi nel cuore della notte, senza motivo.
Apro gli occhi, la sveglia segna le tre, sono sempre le tre. Una precisione angosciante e immotivata, come se ogni notte arrivasse puntuale un pensiero a fare rumore.
Lui dorme.
Gli anni lo hanno reso immune alla mia insonnia e a me, l'ho guardato spostarsi con la costanza di un fiume -un millimetro ogni giorno- ed io non ho fatto nulla a parte restare qui.
Abbiamo bisogno l'uno dell'altro, siamo troppo pigri per ricominciare una vita dopo tutti questi anni e troppo codardi per affrontare di nuovo le tempeste quindi restiamo qui intrappolati in questa routine tra il fumo delle sigarette, la spesa da fare, il condizionatore da riparare, le bollette e quei "ti amo" regolari, privi di tono, ci guardiamo l'un l'altro come due ombre reduci da un passato glorioso.
La sua lontananza è tale che mi è impossibile percepire il suo respiro o il calore del suo corpo, allora questo letto inizia a sembrarmi un mare placido, scuro, freddo in cui navigo -solo- con la luna che attraverso la finestra mi indica la strada per nessun luogo.
Provo a rannicchiarmi stringendomi al petto le ginocchia per contrastare il gelo di quel mare, ma quel calore che non ho viene da dentro e sembra impossibile da battere.

Faccio scorrere la mano lungo le lenzuola cercando di raggiungere il suo eremo, ma lui non c'è, lui non c'è più, il suo lato è vuoto, vuoto come lo è stato negli ultimi due anni.
Buio. Continuo a svegliarmi nel cuore della notte perchè lui non c'è. 
La sveglia segna le tre, la precisione angosciante di questo pensiero pesa come una pietra che non può essere rimossa. Erano le tre poco prima che morisse.
Mi piace pensare che saremmo diventati una di quelle coppie che non si amano più, travolte dalla routine, schiave della pigrizia e prive d'audacia, è il mio modo di tenerlo con me, il mio modo di perdonarlo, il mio modo per non ricominciare mai.
Ho bisogno di usarlo come scusa. I miei fallimenti devono portare il suo nome.

Buio. Continuo a svegliarmi nel cuore della notte perchè non ho nulla.
La sveglia segna le tre perchè è la mia scusa che richiamo con precisione maniacale. Ho bisogno di incolpare qualcun altro, di avere una scusante per tutto quello che non sono stato in grado di fare, per tutto ciò nel quale ho fallito.
Mi aggrappo ad un ritmo con la disperazione di chi è fuori controllo, nell'illusione che questo possa potare ordine, che possa salvarmi, che possa darmi un qualche valore.
Il mare si fa agitato e le mie colpe bussano alla porta della stanza con la veemenza della verità e alla finestra la luna sembra ridere della mia miseria.
Non esiste più una posizione sicura, nessun riparo, nemmeno i muri sembrano più così solidi.
Ma lui non c'è ed è colpa sua. 

Luce. Sono le 8.30, dietro la porta abbandono la notte che ad ogni mandata si fa più lontana mentre la mia viltà si fa più nascosta.